venerdì 2 novembre 2012

GUARDANDO LA TV




Ho notato che, quando uno vuole rimproverare oppure detesta qualcun altro (che per comodità chiamerò “Tizio”), esordisce sempre sostenendo di stimare molto, o addirittura moltissimo, Tizio stesso.
Così, se uno inizia dicendo “Il signor Tizio, che stimo moltissimo…” state pur certi che proseguirà dicendo che Tizio ha detto, o fatto, o scritto, una cazzata, una cosa ridicola, una inesattezza, una oscenità, etc... Oppure che Tizio è definitivamente rincoglionito.
I più onesti aggiungono un “peraltro”, avverbio preparatorio alla stroncatura successiva: “Tizio, che peraltro stimo molto, etc…”).
Ormai è talmente una consuetudine, che appena sento dire da qualcuno che egli stima molto, o moltissimo, qualcun altro, capisco subito che l’oggetto di tanta stima è in realtà ritenuto un minus habens.
Perciò, anch’io, quando voglio insultare qualcuno, gli dico “Sai, io ti stimo moltissimo”.

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Al termine di uno spot televisivo della passata di pomodoro Mutti (“Mai vista una passata così”), compare anche l’inconfondibile “f” con la scritta “Seguici su facebook”.
Ecco, mi piacerebbe conoscere qualcuno che segue su facebook la passata di pomodoro Mutti; dev’essere una persona interessante.

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martedì 19 giugno 2012

IL CALDO DA' ALLA TESTA


Le donne non chiudono bene le finestre.

Le donne hanno orrore del vuoto.

Gli uomini hanno opinioni sbagliate sulle donne.

Gli uomini scrivono stronzate sulle donne. Non tutti, per fortuna. Solo quelli che scrivono sulle donne (intese come argomento; invece quelli che scrivono fisicamente sulle donne hanno raggiunto un certo livello di comprensione di esse. Oppure approfittano del fatto di aver dato loro un sonnifero).

Ormai la “temperatura percepita” ha soppiantato la temperatura vera. Ciò mi dà fastidio allo stesso modo del “piuttosto” usato al posto di “oppure”.

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TITOLI CHE FANNO SCALPORE

La maggioranza dei Greci è contro l’austerity (*)

I servizi sanitari piacciono agli emiri (**)

La Francia è tutta rosa (***)

Kirsten Stewart: “Io la Biancaneve-Rambo sarò la Marylou nuda di Kerouac” (****)

(*) ma forse la notizia è che ci sia qualcuno favorevole, seppur in minoranza.

(**) indubbiamente sono una bella invenzione, anche gli emiri ne convengono.
A proposito di emiri: vediamo se qualcuno indovina il film da cui è tratta la seguente citazione:
“Ti cridìa ca mi ritiru?
Tu m’inviti a nozze, emiru!”

(***) questa sì che è una notizia storica; non vedo l’ora di vedere le immagini dal satellite.

(****) solo ad un cineasta americano poteva venire in mente una Biancaneve-Rambo (cioè –presumo- una Biancaneve con un enorme mitra e altre armi assortite, palestratissima e che mena cazzotti). Più in generale, questa delle donne che fanno i maschiacci è una mania del cinema americano; anche le ragazze che fanno la corte spietata a ragazzi incapaci di intendere e volere.

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mercoledì 6 giugno 2012

UNA TORTA

Questo post ha diversi scopi:
-      dimostrare il mio eclettismo (so preparare una torta)
-      pubblica utilità (spiegare dettagliatamente come preparare una torta a chi non abbia voglia di cercare siti di cucina)
-      aggiornare il blog, che langue da un certo tempo in uno stato semi-comatoso
-      caso mai perdessi il foglietto con la ricetta, poterla rintracciare nel blog

Trattasi di una torta con ricotta e pere, da mangiarsi fredda.
Ingredienti:
-      5 pere (se sono grandi ne bastano 4)
-      una busta di zucchero a velo (125 gr, di solito)
-      succo di ½ limone
-      125 gr di burro (ma anche 130, non guardiamo il capello)
-      100 gr di zucchero
-      4 albumi (o chiare d’ovo che dir si voglia)
-      80 – 100 gr di granella di nocciole
-      50 gr di farina
-      400 gr di ricotta
-      una tavoletta di cioccolato bianco
-      200 gr di panna da montare (preferibilmente già zuccherata)

Bene, le prime due cose da fare sono:
-      spezzettare il burro e lasciarlo ad ammorbidirsi fuori dal frigo
-      accendere il forno a 180°.
Poi ci si armi di pazienza e si passi a sbucciare le pere e tagliarle a pezzettini, come ho fatto io prima di scattare la foto seguente:
 

Ora si mettano le pere in una pentola e le si cospargano con lo zucchero a velo ed il succo di mezzo limone, mescolando bene il tutto e ponendo la pentola sul fuoco. La foto seguente documenta le pere nella pentola (il limone comunque va spremuto nella mano semichiusa, per trattenere i semi): 
 

In pratica le pere dovranno leggermente caramellare: saranno pronte quando la consistenza del liquido sarà un pò appiccicosa; dovrebbero volerci 25 minuti pressappoco.

Nel frattempo, si faccia una crema con il burro e lo zucchero (con lo sbattitore elettrico), così come mostrato nella foto seguente:

 

Ora si rompa il primo uovo, mettendo l’albume nella crema di burro e zucchero; poi si misceli la farina con la granella di nocciole, e si aggiunga circa ¼ del miscuglio nella crema. Mescolare con lo sbattitore. Fermarsi, rompere il secondo uovo ed aggiungere l’albume; aggiungere un altro quarto della miscela farina+granella. Ri-mescolare. Insomma, è una sequenza da ripetere 4 volte: il concetto è che albumi e farina nocciolata non vanno aggiunti tutti insieme, ma gradualmente.  Alla fine la crema avrà l’aspetto seguente:
 

A questo punto prendete due tortiere, o comunque due teglie circolari della stessa grandezza (io uso una tortiera ed una teglia di alluminio); imburratele; sistemate la crema nelle tortiere/teglie (metà per ognuna) cercando di ottenere due dischi regolari senza buchi nè parti troppo sottili; come nella foto seguente:

Bene, ora ponetele nel forno già caldo per circa 20 minuti. Se avete un solo stampo/tortiera, poco male: dovrete ripetere due volte l’operazione per ottenere i due dischi di cialda, e il tempo complessivo ovviamente raddoppierà.

Nel frattempo, non vi dimenticate delle pere nella pentola: rimescolatele ogni tanto e non lasciatele bruciare; comunque, a questo punto dovrebbero essere pronte. Toglietele dal fuoco e lasciatele raffreddare (per fare più in fretta, si possono travasare ripetutamente in recipienti freddi: io travaso tra la pentola ed un altro contenitore, ogni volta sciacquando quello vuoto con acqua fredda; comunque, non è necessario che le pere risultino fredde, l’importante è che non scottino)

Ora passiamo alla farcitura: mettete il cioccolato bianco a sciogliere a bagnomaria e montate la panna. La foto seguente documenta queste due operazioni:


Sminuzzate/sbriciolate la ricotta nella panna, gradualmente, amalgamandola con lo sbattitore. Aggiungete il cioccolato, anch’esso gradualmente (soprattutto se è caldo) e continuate a sbattere per 5 – 6 minuti.
Infine, aggiungete le pere e rimescolate il tutto con un cucchiaio di legno, ottenendo alla fine questa roba qui:
 

Accertatevi che i dischi nel forno abbiano raggiunto un bel colorito bruno-dorato e tirateli fuori: non dovrebbero risultare secchi, ma ancora leggermente morbidi (tanto, poi nel raffreddarsi in frigo si induriranno). Staccate delicatamente uno dei due dischi; l’altro può rimanere al suo posto se, come nel mio caso, la tortiera è munita di anello circolare.

Versate la crema di ricotta e pere nella tortiera, sopra il disco di cialda inferiore; cercate di regolarizzare la superficie e ricoprite il tutto con il secondo disco:
 

Mettete in frigo per 2-3 ore. Se siete impazienti (come me), mettete nel congelatore per mezzora e poi in frigo.
Infine, togliete l’anello esterno della tortiera, e quindi potrete rimpinguare allegramente la provvista di calorie, zuccheri e grassi del vostro organismo; tanto, poi c’è la palestra.

F.A.Q.

-Ho rotto ben 4 uova utilizzando solo gli albumi; che ci faccio con i tuorli?
Lo zabaione. Oppure gli spaghetti alla carbonara. Oppure potresti metterli nella crema per le cialde, insieme agli albumi, magari viene più buona; fammi sapere.
-I dischi di cialda sono usciti bruciacchiati; non si riesce a staccarli dallo stampo; si rompono
La cialda tende a bruciacchiarsi se è troppo sottile; e comunque staccare il disco dalla teglia è la cosa più difficile di tutta la procedura; dando per scontato che non hai dimenticato di imburrare la teglia/tortiera, bisogna usare una spatola sottile raschiando sotto la cialda, dapprima esternamente tutt’intorno e poi verso l’interno.

-Ho messo le pere caramellate nella crema di ricotta e panna, e questa si è liquefatta!
Le pere erano ancora troppo calde

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lunedì 23 aprile 2012

PISTACCHIO DI BRONTE

C'era una volta il gelato al pistacchio. Che non ho ancora capito bene che gusto abbia, anche perchè non lo sceglievo quasi mai; e non lo sceglievo quasi mai perchè non si capiva bene che gusto avesse: la situazione era, dunque, quella di un gatto che si morde la coda.
Ma tale incresciosa situazione si è sbloccata appena è iniziata a diffondersi la moda del "pistacchio di Bronte" (tra parentesi, ho subito inquadrato correttamente la dicitura, grazie alle mie notevoli conoscenze geografiche, contrariamente agli stessi gelatai,  tra cui qualcuno scriveva misteriosamente "PISTACCHIO DEL BRONTE" , evidentemente ritenendo che "IL Bronte" fosse una nazione, una regione, forse confinante con la Lunigiana, invece che una cittadina siciliana alle falde dell'Etna. Chiusa parentesi).
Perciò, incuriosito, ho assaggiato il gelato al pistacchio di Bronte, una o due volte, concludendo che sì, è dolce ed è meglio di un pugno in faccia, ma ancora non si capisce bene che sapore abbia. Nel frattempo, il pistacchio di Bronte ha agito nei confronti degli altri pistacchi come la zanzara tigre verso la zanzara nostrana: è dilagato mostruosamente, soppiantandoli in tutte le gelaterie, tant'è che ormai non esiste più il gelato al pistacchio, bensì unicamente il gelato al pistacchio di Bronte: e qualcuno, per distinguersi, ha aggiunto "DOP" (come a dire: sì, ormai tutti i gelatai hanno il pistacchio di Bronte, ma il mio è D.O.P., come il Brunello di Montalcino). Secondo me, sarebbe ora che i pistacchieri (?) di Bronte mandino in giro per l'Italia degli appositi ispettori per verificare che effettivamente i pistacchi usati nei gelati siano i loro. E la moda non accenna ad arrestarsi: il pistacchio di Bronte (DOP o meno) ha iniziato ad invadere anche le farciture di colombe pasquali e pandori. 
Per contro, mi sembra che i pistacchi di Bronte vengano usati esclusivamente per preparare gelati e creme pasticcere (e prossimamente creme per la pelle, suppongo: l'aloe vera stia in campana), ma non vengano mai venduti così come sono: cioè non ho mai visto nei negozi bustine di pistacchi di Bronte, nè al bar piattini di pistacchi di Bronte da accompagnare al Negroni o all'Aperol Soda. Ciò è curioso, nevvero?
PS: non capisco perchè l'ora di pubblicazione del post sia quella legale della costa occidentale USA. Anche ciò è curioso.

sabato 17 marzo 2012

MOON RIVER

Inesorabile come il festival di Sanremo, arriva l’ennesima esibizione musicale del sottoscritto. Stavolta, però, niente di cosiddetto “colto”, bensì una canzone, che però risulta tra le più belle che siano mai state scritte, tant’è che rimane bella persino se suonata da me.
Celebre perché nel film “Colazione da Tiffany” (che non ho mai visto) la cantava Audrey Hepburn, con voce sottile e una semplice chitarra in sottofondo.
Prevenendo legittime curiosità e domande in merito, chiarisco subito che il luogo dell’esibizione è il garage di casa mia, secondo una nobile tradizione soprattutto americana, quella di suonare nei garage (tant’è che esistono le “garage bands”, che forse si chiamano così perché nessuno permette loro di suonare in locali normali).
Buon ascolto (PS: coraggio, dura meno di due minuti).
(PPS: il post è orribilmente piatto e banalmente autocelebrativo , ma basta non farci caso)

 (al piano: io)

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mercoledì 22 febbraio 2012

ANTICO DISCOUNT


Una volta c’era la “Antica Gelateria del Corso”, che iniziò il trend dei prodotti evocanti antichi sapori e nobili tradizioni. Trend ultimamente in ribasso, ma solo nei supermarket “normali”. Invece, ho scoperto che questi nobili prodotti si sono trasferiti nei discount tipo Eurospin o Lidl.
Per dire, all’Eurospin vicino casa mia ho trovato una “Antica Riseria” che oltretutto ha anche arricchito il mio vocabolario, infatti mai avevo sentito dell’esistenza di “riserie”; mi erano note invece, le “risiere” , per esempio(*) conosco quella di San Saba. Ma non è escluso che le riserie siano cadute in disuso nei tempi moderni, per cui ne esistono solo di antiche, protette come beni storici.
Nel reparto carni, faceva bella mostra di sé un nobile petto di pollo proveniente dalla “Polleria del Borgo”, e anche qui, sembrerà strano, ma è la prima volta che leggo il vocabolo “polleria”; ma ciò è sicuramente dovuto alla mia ignoranza e alla mia scarsa dimestichezza con la pollicoltura. A parte ciò, in un borgo (che è, per definizione, antico) io vedrei bene un pollaio o ancor meglio dei polli che razzolano liberi, con nobile incedere, per le strade e nei cortili, con suoni di campane e manieri turriti sullo sfondo. Una “polleria”, se il significato fosse quello di “macelleria di polli”, mi suona più stonata in siffatta ambientazione.
Poco oltre, mi sono imbattuto anche nel “Fornaio Ducale” (nientemeno), che evidentemente aveva ricevuto il permesso dal Duca di vendere i suoi prodotti all’Eurospin dei plebei. E il tutto contribuiva a farmi respirare aria di nobili tradizioni, signorili contrade e antiche magioni. All’Eurospin.

(*) anch’io uso la locuzione “per esempio” quando in realtà conosco solo quel singolo esempio, che perciò potrebbe benissimo essere non un esempio di una generalità di casi, bensì una singola eccezione (perciò, la “risiera di San Saba” potrebbe benissimo essere l’unica risiera esistente). È una tecnica che ho imparato dai politici.

mercoledì 25 gennaio 2012

NIENTE TITOLO


IL VANTAGGIO DI ESSERE DILETTANTI È CHE SI HANNO SEMPRE DEGLI AMPI MARGINI DI MIGLIORAMENTO.

IL VANTAGGIO DELL’INDECISIONE È CHE IMPEDISCE -TRA LE ALTRE COSE- IL SUICIDIO.


IL VANTAGGIO DELLA FEDELTÀ È CHE FA RISPARMIARE TEMPO E DENARO.


A TUTTI QUELLI CHE HO CONOSCIUTO, SIANO AMICI ABBANDONATI, PARENTI, CONOSCENZE REALI O VIRTUALI, VORREI DIRE:
VI RICORDO TUTTI, VI TENGO TUTTI IN MENTE, VI RICORDO CON TENEREZZA E SPESSO CON UN PO’ DI RIMORSO PER NON FARMI MAI VEDERE NÈ SENTIRE. FATE TUTTI PARTE DEL PAESAGGIO DI RICORDI E SENSAZIONI CHE AMO CONTEMPLARE E CHE MI RENDE UN PO’ PIÙ CONFORTEVOLE LA VITA.
COME GUARDARE LE VECCHIE FOTO.

lunedì 9 gennaio 2012

L’ORATORE


VIA ARTURO VECCHINI
1957 – 1927
AVVOCATO ED ORATORE

È una targa all’inizio di una via della mia città, dalla quale si evince che, ancora nel XX° secolo, esisteva la professione di “oratore”, che invece io credevo relegata all’antichità classica, con i fulgidi esempi di Demostene e Cicerone.

Però, seriamente: in cosa consiste la professione di oratore? Non l’avvocato, altrimenti la targa non avrebbe riportato entrambe le diciture.
Suppongo che, oggi come oggi, coincida con quella del Tuttologo: cioè di quella persona che, non essendo esperta di alcunché, viene chiamata in tv a dare il suo parere su tutto; egli riesce a mascherare la propria incompetenza, anzi spesso risulta più convincente degli “esperti” che ti spiegano con aria ispirata che il rimedio contro la calura estiva consiste nel rimanere al fresco e “bere molta acqua”.
Oppure del Conferenziere: cioè un ex-presidente (preferibilmente USA, ma va forte anche l’italiano Prodi) che viene pagato profumatamente(*) per tenere conferenze in giro per il mondo.
Esiste poi l’oratore-lampo: cioè il politico che, vedendo delle servizievoli telecamere con altrettanto servizievoli intervistatori, fa finta di camminare per i fatti suoi conversando con alcuni accompagnatori: in realtà si prepara sorridente all’incontro con il suddetto video-intervistatore, che puntualmente lo aggancerà e richiederà un illuminato parere sulle tasse, sulla manovra, sullo sciopero, sul bipolarismo, sul “conflitto sociale”, sul bunga-bunga o su dove abbia passato le vacanze. Parere che egli fornirà con generosità, per la gioia di tutti noi.



 (*)È noto che la paga non emette cattivi odori, in quanto “pecunia non olet”; quando è elevata inizia addirittura a profumare.

martedì 3 gennaio 2012

UN AMICO DISTRATTO

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Avevo, qualche anno fà, un amico molto distratto. S’immagini che una sera andò a dormire allo scuro. S’era appena steso sotto le coltri, che trasalì: nel suo letto c’era qualcuno! Impressionato, s’alza, accende la luce, guarda. Nessuno.
 

Torna a letto, ma ecco che di nuovo trasale: quell’uomo è ancora là. Un uomo robusto, alto, muscoloso. Ne sente perfettamente il corpo, le gambe, le braccia, il capo. Lo sente muoversi e respirare.
 

“Eppure” mormora “c’è qualcuno”.
 

Ma questa volta non si alza. Chiama invece il domestico e gli dice con voce soffocata, ma senza perdere la sua calma abituale:
 

“Ottone”
 

“Signore”
 

“Nel mio letto c’è qualcuno”
 

“Sissignore”
 

“Guardate, dunque. Chi è?”
 

“È il signore”.
 

Perfettamente. Era il mio amico che, distratto come sempre, non s’accorgeva d’essere lui l’uomo nel letto.
 

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(A. Campanile – “Ma che cosa è quest’amore”)

 
 

Osservo di sfuggita: lui è distrattissimo, ma il domestico è un folle. Che casa divertente.
 
 

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